Messaggio del Dirigente Scolastico a.s. 2023_2024

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Milano, agosto 1943

Invano cerchi tra la polvere, povera mano, la città è morta. È morta: s’è udito l’ultimo rombo sul cuore del Naviglio. E l’usignolo è caduto dall’antenna, alta sul convento, dove cantava prima del tramonto. Non scavate pozzi nei cortili: i vivi non hanno più sete. Non toccate i morti, così rossi, così gonfi: lasciateli nella terra delle loro case: la città è morta, è morta.

Salvatore Quasimodo

Inizia un nuovo anno scolastico.
Mi risulta impossibile non pensare, potenza degli anniversari, a quanto vissuto dal nostro paese esattamente ottanta anni fa. Eravamo in guerra, le città subivano terribili bombardamenti, prima da parte delle truppe anglo-americane, poi da parte dei nazisti. La nostra città, Trani, il 14 settembre del 1943 venne colpita dalle bombe tedesche, così come accaduto precedentemente, il 27 aprile dello stesso anno. In quella circostanza le bombe piovvero da aeroplani inglesi o americani. Lascio a voi, se lo vorrete, la ricerca sul computo dei caduti.
Ottant
anni. Qualche anno prima nasceva la scuola media che, al termine della seconda guerra mondiale, verrà intitolata al gen. Ettore Baldassarre. Anche lui legato agli eventi terribili di quegli anni.
Mi piacerebbe poter dire che la scuola non dimentica.
Ma, vedete, la scuola esiste, e fa memoria, se le persone che la vivono decidono di farlo. Non accade automaticamente. La scuola è un contenitore: si anima solo se chi la frequenta decide di farla propria. È sulle scelte di chi la abita che si fonda la potenza dell
istituzione chiamata scuola.
Mi perdonerete se quest
anno il mio messaggio augurale è un popiù serio di quelli precedenti, ma sento forte il bisogno di dare senso a quanto accaduto in quegli anni, poter dire graziea chi è caduto. Dalle vittime innocenti, quelle delle parole di Salvatore Quasimodo, che somigliano a quelle di tutte le guerre, ai militari caduti al fronte e ai caduti della Resistenza antifascista, i cui valori sono alle fondamenta della nostra comunità nazionale.
Non rendere vano tanto sangue versato è la responsabilità che sento forte in questo momento. Spero che nessuno di noi lo viva solo come un dovere. Auspico che venga vissuto come una gioia, come quando possiamo ringraziare qualcuno perché lo sentiamo e non perché ci hanno obbligato a farlo. Perché ringraziare crea comunità, anche nel tempo, aiuta a non sentirci soli, a sentirci parte di un lungo cammino di cui, per fortuna, non scorgiamo ancora la destinazione.
A tutte e a tutti noi, insieme: buon anno scolastico!

Il vostro preside

Allegati

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